Home Page

Catalogo
numeri 2006


Catalogo
numeri 2005


Catalogo
numeri 2004


Catalogo
numeri 2003


Catalogo
numeri 2002


Adesioni soci

Inserzionisti

IL TEMA




Il suicidio di adolescenti in Italia


Nel mondo si registra un suicidio ogni 40 secondi, per un totale di quasi un milione di decessi all’anno. È un dato sconvolgente che risulta più elevato rispetto alla somma dei decessi causati da guerre e da omicidi. Questi numeri sconfortanti e, lasciatecelo dire, sconcertanti, sono stati forniti dall’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 10 settembre scorso in occasione della “Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio”, organizzata dalla Iasp, Associazione Internazionale per la Prevenzione del Suicidio, in collaborazione con la Federazione Mondiale per la Salute Mentale. Una iniziativa, questa, che ogni anno mira a richiamare l’attenzione attorno al problema dei suicidi. Nell’analisi della questione spiccano le problematiche connesse alla diffusione del fenomeno tra la fascia più giovane della popolazione, gli adolescenti.

Nel nostro Paese il suicidio risulta essere la seconda causa di morte tra i ragazzi dai 15 ai 25 anni, subito dopo gli incidenti stradali. Si parla di 1000-1500 tentativi di suicidio all’anno, ma il dato è probabilmente sottostimato in quanto molti casi vengono “occultati” dalle famiglie. “non si conoscono i numeri precisi”, ha premesso lo psicologo Gustavo Pietropolli Charmet, uno dei principali conoscitori di adolescenti a livello mondiale, “ed i casi noti sono probabilmente risibili rispetto alla realtà in quanto molti episodi vengono tenuti nascosti a causa dell’alone di vergogna che li circonda”. Accade così, ad esempio, che una caduta dalla finestra diventi un incidente imponderabile o che le assunzioni incongrue di farmaci ricadano tra gli “infortuni domestici”, senza purtroppo ragionare approfonditamente non tanto sui tragici effetti quanto piuttosto sulle cause di simili gesti che spesso nascondono realtà gravi ed importanti.

Il fatto che il numero dei suicidi in Italia ponga il nostro paese dietro a Francia, Inghilterra e Stati Uniti non deve consolare e soprattutto non deve portare a minimizzare la portata di questo dramma: “in italia ci sono meno armi di quante non ci siano, ad esempio, negli Stati Uniti; pertanto è meno facile che il suicidio avvenga per mezzo di armi da fuoco. Sempre in italia è prassi che le confezioni di medicine non abbiano farmaci letali in una unica dose, così come fortunatamente molti detersivi contengono una sostanza che provoca nausea ed una sorta di lavanda gastrica immediata”.

È evidente che discutere e filosofeggiare sui metodi del suicidio rappresenti un inutile tentativo di procrastinare la vera, importante domanda da porsi, quella del perché si arrivi a pensare, a progettare e a mettere in atto questo gesto insano. Charmet, al riguardo, avverte: “Attenzione! Chi è alla ricerca di risposte sicure sulle cause e sugli effetti, si fermi all’istante: non esiste alcuna ricetta in merito. il suicidio non è sintomo di una malattia o della depressione, anche se è indubbio che in una minima parte dei casi esista questo collegamento. il suicidio nulla ha a che vedere con la psicopatologia. Tra i giovani, il fatto di essere adolescenti è il principale fattore di rischio. D’altra parte, la fantasia della morte o del suicidio ha attraversato sempre l’adolescenza quasi fosse un passaggio obbligato”.

Il particolare periodo che tutti attraversiamo nel cammino che porta all’età adulta è infatti costellato di pericolosi pensieri e di fantasie che, purtroppo, gli adolescenti arrivano talvolta a cercare di attuare: “immaginare il proprio funerale con gli adulti cattivi e severi che sono finalmente disperati ed affranti, è una sorta di punizione che tantissimi ragazzi hanno immaginato ed immaginano. Al punto che questa fantasia, in alcuni casi, evolve in progetto e porta alla realizzazione del suicidio”.

L’associazione “L’amico Charly” ha raccolto centinaia di questionari nei quali è stato domandato agli adolescenti se avessero pensato concretamente alla morte ed a provocarsela. Molti hanno risposto di sì e le cause, come al solito, si sono rivelate molteplici. In una società come la nostra dove l’apparire è sempre più importante, tra le possibili spiegazioni pare percorribile quella della mancata accettazione da parte degli adolescenti del proprio corpo in trasformazione che da agile e bello, con gli anni, subisce deperimenti che costringono a pensare alle malattie ed alla morte. Diversi ragazzi e ragazze non ne accettano l’idea e spesso da ciò sia avvia il pericoloso rifiuto del proprio fisico, rifiuto che si concretizza nella ricerca di un dimagrimento spesso sconsiderato, oppure nel tentativo di modellare o modificare la propria fisicità con tatuaggi, piercing, sostanze anabolizzanti per aumentare la massa muscolare.

I genitori, davanti a simili argomentazioni, spesso sono portati a minimizzare ed a pensare che “sì, sono cose che accadono, ma ai miei figli no, non è possibile”.

Sono proprio i genitori che, secondo Charmet, non devono abbassare la guardia né “tapparsi le orecchie” seguendo stupidamente i dettami di una società che rifiuta di prendere in considerazione la malattia, la morte ed il suicidio. “È illogico pensare che non citando la parola morte se ne possa scongiurare la relativa azione. L’unico modo per evitare simili pericoli è quello di educare alla morte, intendendola come parte della vita stessa, come si faceva un tempo quando, alla morte di un parente, si andava alle veglie funebri e ci si relazionava con l’evento luttuoso diversamente da quanto accade oggi quando ci troviamo davanti acadavere. Ci sono infinite occasioni educative in cui il figlio può sentir parlare della realtà della vita ed accettare l’idea della morte senza pensare a quest’ultima come soluzione al dolore ed alle delusioni”.

Non bisogna sottovalutare alcuni segnali che, involontariamente, i ragazzi più vulnerabili e più fragili lasciano ad avvertimento dell’oscuro pensiero: frasi scritte nei diari, messaggi o lettere lasciate aperte per quello che io chiamo occultamento di caso a segnalare una situazione di malessere che non va inascoltata. A volte bastano piccole mortificazioni sulla scuola, tra gli amici o nell’ambito sportivo a rappresentare insormontabili difficoltà che i genitori non devono drammatizzare ma neppure banalizzare, valorizzando questo momento di presa d’atto di un problema dal quale partire per stabilire un dialogo fatto di ascolto e di interscambio figli/genitori.



Gustavo Pietropolli Charmet

Laureatosi in Medicina presso l’Università di Padova, ha proseguito con una Specializzazione in Psichiatria all’Università degli Studi di Milano.

È docente di psicologia dinamica all’università Statale di Milano dal 1985.

Giudice onorario presso il Tribunale dei Minorenni, presidente dell’Istituto di Analisi dei Codici Affettivi “Minotauro”, del Centro Aiuto alle Famiglie e al bambino maltrattato, è inoltre responsabile scientifico dell’associazione “L’amico Charly” e direttore scientifico della collana di Franco Angeli “Adolescenza, educazione, affetti”.

Tra le sue numerose pubblicazioni:

- L'adolescente nella società senza padri (a cura di), (Unicopli, 1990)

- Culture affettive in adolescenza (Cuem, 1991)

- Adolescenti in crisi, genitori in difficoltà (Pietropolli Charmet G., Riva E.), (Franco Angeli, 1995)

- Un nuovo padre. il rapporto padre-figlio nell'adolescenza (Mondadori, 1995)

- Amici, compagni, complici (Franco Angeli, 1997)

- Adolescente e psicologo. La consultazione durante la crisi (Franco Angeli, 1999)

- Segnali d'allarme. Disagio durante la crescita (Mondadori, 1999)

- Piercing e tatuaggio. Manipolazioni del corpo in adolescenza (Petropolli Cahrmet G., Marcazzan A.), (Franco Angeli, 2000)

- I nuovi adolescenti. Padri e madri di fronte a una sfida (Raffaello Cortina, 2000)

- Ragazzi sregolati. Regole e castighi in adolescenza (a cura di), (Franco Angeli, 2001)

- La cultura affettiva in un percorso terapeutico (Bollati Boringhieri)

- Recentemente ha pubblicato con Mondatori “non è colpa delle mamme”