Pubblichiamo
una lettera giunta in Federazione da parte di una impresa “storica”
nostra associata, sita nel mantovano, indirizzata all’altrettanto
storico Segretario della FENIOF, il Sig. Sandro Samoggia che ha
con piacere risposto alla missiva rivelando un affetto ed una non
sopita passione per il nostro comparto e le proprie vicende. Il
Sig. Samoggia ha esposto il proprio personale parere circa i quesiti
mossogli (come ha fatto per anni nell’ambito del proprio redazionale
“Il Tema”), parere che come FENIOF ci sentiamo di condividere pienamente.
Abbiamo
chiesto alla impresa mittente l’autorizzazione alla pubblicazione
della lettera, purtroppo tale autorizzazione ci è stata negata.
Poiché riteniamo intelligenti i quesiti avanzati al Sig. Samoggia
e sagge le risposte fornite da quest’ultimo, abbiamo scelto di pubblicare
ugualmente la lettera in forma anonima.
Proprio
la forma delle missive, volutamente informale, consente probabilmente
più di tanti discorsi “ufficiali” di trasferire quello che è sì
un parere personale, quello del Sig. Samoggia, ma anche una posizione
facilmente condivisibile.
Oggetto:
lettera aperta al sempre caro Samoggia Rag. Sandro
Carissimo
Sandro,
faccio
riferimento al tuo articolo “Quarant’anni ma non li dimostra” apparso
ul n° 4 ( aprile 2005) de L’Informatore, e sul fatto che nel numero
successivo sollecitate le osservazioni dei lettori con l’affermazione:
“LE VOSTRE OPINIONI CONTANO”
Ecco
le mie.
Sono
stato Vostro orgoglioso Socio a partire dagli anni ’70, quando eravate
ancora nell’ufficio in Via Marconi 51 a Bologna e lo dividevate
con un’altra Associazione di categoria (autotrasportatori, mi sembra
di ricordare).
Allora il problema che andava per la maggiore era LE PRIVATIVE.
Conservo ancora, insieme ai ricordi dei nostri incontri, le tessere
di Socio. Le prime di cartoncino tinta unita: bianco per l’anno
1980, rosa 1981, azzurro 1987, per poi diventare plastificate e
bicolore: bianco e blu 1988, bianco arancio 1991, bianco azzurro
1993, ecc.
Quando
nell’ultima colonna del tuo racconto a pagina 5 affermi che “oggi
i giovani imprenditori del nostro settore non subiscono più, come
una volta, epiteti come “beccamorti, cassamortari, becchini” e simili,
grazie anche al lavoro di sensibilizzazione delle FENIOF” io e altre
centinaia di Colleghi osserviamo che oggi i giovani e non più giovani
imprenditori del nostro settore rischiano molto di più: IL LAVORO!
E senza aver visto alcuna opera di sensibilizzazione da chicchessia.
Anzi,
si ha l’impressione di certe comunelle!!!
Riesci,
caro Sandro, ora che sei fuori e in più, hai la saggezza dei nonni,
e vedi il “mondo” da un’altra prospettiva, ad esprimere una parola
non solamente di conforto, ma che sia vista come un’opera di bene,
per noi poveri morituri?
A
grande richiesta vogliamo un bis.
Con
immutata stima e simpatia
Lettera
firmata
(l’impresa,
firmando la lettera, ha indicato l’anzianità di servizio augurandosi
di poter continuare per altrettanti anni)
Caro
XXXXXXX,
grazie
di avermi scritto e grazie di avermi dato l’opportunità di riapparire
sull’Informatore.
Innanzitutto,
una brevissima introduzione nostalgica che riguarda proprio il Mantovano:
fu proprio a Mantova che feci la mia prima comparsa in una riunione
provinciale di categoria e forse, al di là dei Dirigenti nazionali
della FENIOF, i primi impresari funebri che conobbi al di fuori
di Bologna, foste proprio voi mantovani.
Ma
veniamo alla tua lettera, nella quale mi chiedi qualche cosa di
pratico e non di conforto, sul fatto che, a tuo parere, “oggi
i giovani e non più giovani imprenditori del nostro settore rischiano…
il lavoro”?
Eccoti
accontentato: non ci credo!
E
sai perché?
Perché
questa frase l’ho sentita ripetere mille volte nell’arco degli oltre
trent’anni di vita in FENIOF.
L’ho
sentita quando apparvero in Italia le aziende comunali (e Mantova
fu in questo senso una delle prime), l’ho sentita quando le licenze
venivano rilasciate come il pane, l’ho sentita quando nuove leggi
imposero una maggiore regolarità nell’utilizzo del personale; l’ho
sentita quando imperavano gli appalti in esclusiva dei trasporti
funebri pressoché in tutto il territorio nazionale; l’ho sentita
quando negli ospedali cominciarono ad entrare ufficialmente le grandi
imprese… eppure…
Eppure
tutte queste falle sono state col tempo, se non risolte, quantomeno
tamponate, limitate nei danni, e l’imprenditoria funebre ha continuato
a lavorare e, perché no?, a prosperare, anche se con quegli alti
e bassi che gli andamenti economici comportano per ogni settore
commerciale.
Potrei
dirti, anche per autocensirmi, che se ciò è accaduto e se si è potuto
affrontare questi tanti problemi – grandissimi problemi! – ciò è
merito della FENIOF… e invece no!, non te lo dico affatto. E’ merito
delle imprese, degli uomini che vi operano, della serietà e della
capacità che dimostrano e hanno sempre dimostrato nel lavoro che
svolgono.
Guarda
che non mi contraddico affatto con l’articolo che ho scritto nel
numero di aprile di questa rivista, perché la FENIOF altro non è
che un’associazione fatta da imprenditori e se essa ha operato bene
per loro, vuol dire che sono loro stessi che hanno operato bene,
nell’azienda e con l’associazione.
E
in definitiva è quello che tu stesso confermi, quando, firmando
la tua lettera sottolinei i tanti anni di anzianità della tua impresa,
che tu “speri” abbiano a continuare, ma che io sono sicuro
che continueranno.
Una
risposta te lo debbo anche su quelle che tu chiami “comunelle”.
La
parola è davvero orribile, lasciando sottintendere chissà quale
intendimento nefasto. Bene, io non so quale sia questo sottintendimento,
e, quindi, non posso esprimerti giudizi, ma anche in questo caso,
non ci credo!
E
sai perché?
Prima
di tutto, perché conosco da decenni i Dirigenti della FENIOF ed
ho lavorato a stretto contatto con le loro iniziative, portandole
sempre avanti, come Segretario (e, quindi come demandato a tale
compito), ma sempre alla luce del sole e con l’informazione coerente
e tempestiva.
In
secondo luogo, perché sono… un nonno, ed i nonni sono l’espressione
massima della semplicità, anche nelle cose più complicate!
Ciao
e grazie ancora di tutto cuore.
Sandro
Samoggia
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