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Riaperto e chiuso per sempre il caso Tenco

Sono le 2,30 del 27 gennaio 1967. La canzone “Ciao amore ciao” cantata da Luigi Tenco e da Dalida è appena stata esclusa dal Festival di Sanremo, in favore di “Io, tu e le rose” di Orietta Berti. Tenco, triste ed abbattuto per la sconfitta, entra nella camera 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo, impugna la sua pistola Walter PPK calibro 7.65 e si spara alla testa. Subito dopo entra in camera Dalida, trova il corpo di Tenco riverso sul pavimento in un lago di sangue e comincia a gridare. La polizia, arrivata sul luogo del decesso, trova accanto al cadavere del cantante un biglietto. “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro,) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io, tu e le rose in finale e contro una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che questo gesto serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”.

L’ipotesi, remota, dell’omicidio viene praticamente scartata sin da subito e, complice il biglietto, si parla senza grandi dubbi di suicidio. Gli attuali serial televisivi di successo, come il noto C.S.I., imperniati sulle indagini di medicina legale, hanno insegnato anche a noi profani che il luogo del delitto non va contaminato e che nulla va toccato prima che siano stati effettuati tutti i rilievi del caso. In realtà, il 27 gennaio 1967, nella stanza 219 del Savoy entrano invece decine di persone. Poliziotti, discografici, paparazzi, giornalisti: ognuno vuole vedere con i propri occhi se quello che si vocifera sia vero, ovvero se è possibile che Tenco sia morto. Il risultato evidente di questa totale confusione è che qualche indizio importante si perde.

E in effetti c’è qualcosa che non solo non si sarebbe dovuto perdere, ma, cosa ancora più grave, non è mai stato trovato: il proiettile mortale. L’assenza dello stesso, con il modus operandi di oggi, da sola sarebbe bastata per aprire una approfondita inchiesta. Invece, nel 1967, ciò non sconvolse più di tanto e si preferì, forse per convenienza e per chiudere più velocemente il caso, ritenere plausibile che il proiettile fosse all’interno del cranio di Tenco e che per questo motivo non lo si potesse rinvenire. Non avere cercato il proiettile e il bossolo non è stata la sola mancanza di chi condusse le indagini di allora. Vennero fatti anche errori macroscopici nella movimentazione della salma. Tenco venne rimosso dalla camera d’albergo e portato all’obitorio. Poi venne nuovamente riportato indietro con una motivazione che ha dell’incredibile: non c’era stato il tempo di fargli le foto! Inevitabilmente venne maneggiato più volte fino addirittura al “metterlo in posa” in modi diversi affinché le macchine fotografiche dei reporter potessero meglio immortalarlo, creando così ulteriore confusione circa l’esatta posizione del corpo al momento del decesso: nel fascicolo su Tenco risultano almeno sei pose diverse del cadavere!

È vero che all’epoca non si disponeva delle attrezzature tecniche delle quali si può fruire oggi, ma è evidente che in una tale confusione, anche potendo utilizzare il “Luminor”, il moderno strumento che consente, tramite una miscela specifica, di evidenziare impronte anche poco recenti, probabilmente non si sarebbe riusciti a fare luce esatta sullo svolgimento dei fatti. Ciò che probabilmente impedì che venissero avviate indagini approfondite fu il convincimento di tutti, sin da subito, che il decesso di Tenco fosse dovuto a suicidio. Nessuno si intestardì a cercare il proiettile mortale, non consentendo così di effettuare il raffronto tra il proiettile e la pistola del cantautore.

Gli appassionati di armi sanno bene che esistono metodi per verificare le rigature che canna e percussore della pistola lasciano sulla pallottola e sulla cartuccia. Una verifica in tal senso sarebbe stata probatoria ed avrebbe messo a tacere le voci che vedrebbero quale responsabile del decesso una Beretta calibro 22, pistola diversa da quella posseduta da Tenco. Certi del suicidio, non si procedette neppure ad effettuare l’autopsia sul cadavere in quanto il biglietto, la circostanza, l’evidente delusione per l’esclusione della canzone al festival di Sanremo, risultarono prove sufficienti per archiviare il fatto. Curiosamente, nemmeno da una attenta lettura dei rapporti si comprende quale fosse il foro di uscita del proiettile mortale. Per un motivo molto semplice: il foro di uscita all’epoca non venne trovato.

Le evidenti leggerezze commesse all’epoca, le imprecisioni, l’assenza di verifiche approfondite, i dubbi che per anni hanno gravitato intorno alla “vicenda Tenco” sono all’origine della riapertura del caso, nel febbraio 2006. Questa volta l’intenzione è stata quella di dare risposte certe e non più nebulose a un decesso discusso e mai correttamente accertato nelle cause. L’autopsia sul corpo del cantante è stata svolta dal Prof. Luca Tajana, dell’Istituto di Medicina Legale di Pavia, a seguito dell’estumulazione effettuata da una impresa di onoranze funebri a titolo gratuito in segno di omaggio alla memoria del cantante. Appena estumulato ci si è resi subito conto che il cadavere, in eccellente stato di conservazione, non aveva subito le normali trasformazioni che accadono ad un corpo tumulato per quasi quarant’anni, e ciò grazie alla perfetta tenuta del cassone di zinco interno. Sembrava infatti un corpo di un uomo morto non più tardi di tre anni prima e si trovava nella fase immediatamente precedente alla mummificazione. Tenco era vestito con l’abito grigio che indossava al Festival di Sanremo, un vestito con giacca a quattro bottoni e senza cravatta. Alla testa portava una fascia per coprire il foro di ingresso della pallottola.

Prima di tutto sono state fatte radiografie alla testa, ma non sono servite a trovare il proiettile. È stato però finalmente identificato il foro di uscita, all’epoca non rilevato. L’analisi della posizione e l’orientamento del foro d’uscita hanno consentito di comprendere quale sia stato nel 1967 il movimento della mano che ha premuto il grilletto. Anche l’analisi dettagliata dei fori di ingresso e di uscita hanno chiarito se a sparare sia stata una 22 o una calibro 7.65 (i fori sono circa l’uno il doppio dell’altra) e se il colpo sia stato esploso a distanza ravvicinata o appoggiando la canna della pistola alla tempia. Le condizioni del corpo hanno inoltre consentito di verificare quali sostanze il cantante possa avere ingerito prima della morte, riuscendo anche a stabilire se fosse drogato e in quale stato d’umore si trovasse. Infatti, al riguardo, Mike Bongiorno, presentatore di quel festival, dichiarò di avergli visto assumere alcune pillole. Di quale tipo si trattasse non fu mai chiarito e nemmeno si indagò al riguardo.

Conclusi tutti gli accertamenti, il responsabile della medicina legale della Questura di Roma Vincenza Liviero ha dichiarato che, sulla base dell’autopsia e dell’analisi dei documenti in possesso, è possibile confermare con ogni certezza l’ipotesi del suicidio. “Non ci sono elementi che la contrastino. Le modalità sono da manuale. La ricostruzione balistica conferma l’ipotesi del suicidio. Anche il tipo di arma trovato nella stanza, la Ppk, è infatti compatibile con le ferite riscontrate sul cadavere”. Il procuratore capo di Sanremo, Mariano Gagliano, ha potuto dire che “finalmente il caso è chiuso. Tutti gli accertamenti compiuti confermano senza alcun dubbio che si è trattato di un suicidio”.

Il corpo di Tenco, conservatosi in modo eccezionale, sembra aver voluto consentire agli inquirenti di stabilire una volta per tutte l’esatto svolgimento dei fatti. Questa volta senza indagini affrettate e sbrigative, ma con tutte le verifiche del caso per ottenere risposte definitive e per poter finalmente riposare in pace!