Un
decesso è per una famiglia un momento difficile dellesistenza.
La perdita di un parente è percepita come uno strappo
e suscita spesso molti problemi. Siamo smarriti e qualche
volta disgustati davanti alla morte, soprattutto a quella
che avviene dopo grandi sofferenze o che colpisce i giovani.
Essa è considerata come ingiusta, quasi scandalosa.
E allora, a volte, ci interroghiamo sul senso della nostra
stessa vita e su Dio. È a questo punto che bisognerebbe
pensare a organizzare il funerale!
Quasi
seicentomila italiani muoiono ogni anno di morte naturale
o violenta. Questa è la realtà, il fatto più
inconfutabile che ci sia. Eppure niente è più
difficile che circoscrivere la morte. Cosè
la morte? È esattamente la fine di tutto ciò
che abbiamo conosciuto? Abbiamo paura della morte, ma cosè
la paura? Comprendiamo linevitabilità della
morte, e poiché non vogliamo morire, ne abbiamo paura.
Ma non abbiamo mai saputo cosa sia la morte, non abbiamo
fatto altro che proiettarne una idea, una opinione. Quindi
abbiamo paura della nostra idea della morte. La morte, in
effetti, non è quel niente o quasi-niente che nessuna
pratica scientifica arriva a circoscrivere sul piano sia
dei criteri che della definizione? Daltronde, più
la conoscenza della morte progredisce scientificamente e
meno ci riveliamo capaci di precisare quando e come essa
arriva. Ma è su questo niente che si focalizzano
tutte le angosce, che si mobilitano tutte le energie per
respingerla, per mascherarla, per sopprimerla o per recuperarla.
Ma è normale aver paura della morte? Certamente!
Langoscia della morte è umana. Siamo fatti
per la vita e questo ineluttabile passaggio verso un aldilà
non ha proprio alcunché di confortante.
La morte è quotidiana. Eppure essa sembra lontana,
soprattutto se si è giovani. Sono gli altri che muoiono,
diciamo per cercare di convincerci. Anche se siamo ben consapevoli,
soprattutto con il passare degli anni, che la morte ci sta
aspettando.
La
morte è naturale. Nondimeno essa appare come una
aggressione: viene vista o percepita come un incidente arbitrario
e brutale che ci prende alla sprovvista. Quando la morte
sopraggiunge non ci chiede il permesso, arriva e si prende
la nostra vita, ci distrugge in un sol colpo. La morte è
inumana, irrazionale, insensata come lo è la natura
quando non può essere addomesticata.
La
morte è indeterminabile. Alla certezza di morire
si contrappone lincertezza dellevento. La morte
mai prevista, sempre di troppo, aleatoria. Voi non
sapete né il giorno, né lora, né
il luogo, dice lEvangelista.
Ed
ecco che i progressi delle statistiche e delle tecniche
mediche e la diffusione delle conoscenze biologiche ed epidemiologiche
fanno sì che la morte si lasci scientificamente determinare,
che si tratti di morte naturale, di incidente mortale o
di suicidio.
La
morte è universale. Tutto ciò che vive, tutto
ciò che è, è destinato a perire o a
sparire, banalizzando in qualche modo il morire. Ma essa
è anche unica, perché una volta giunta lora
nessuno prenderà il nostro posto e mai noi moriremo
al posti di altri. In breve, la morte è fuori da
ogni categoria, è inclassificabile. È lavvenimento
incompleto per eccellenza, unica nel suo genere.
Lo
studio della morte ha un nome: Tanatologia.
Essa
altro non è che lanalisi o piuttosto la decodificazione
della totalità dei discorsi tenuti sulla morte; tanto
è vero che, al limite, essa per noi non esiste se
non attraverso le immagini che ci suggerisce e i linguaggi
che abbiamo a proposito di essa. La Tanatologia non costituisce
ancora una scienza specifica con un oggetto ben circoscritto
da sviscerare con un metodo appropriato. La sua filosofia
è completamente da inventare; nellimmediato,
essa si accontenta di riunire in una prospettiva inter o
pluri disciplinare tutto il sapere sulla morte.
Questultima
può essere violenta o naturale. Essa comunque è,
in ogni caso, pratica. Purtroppo la morte è levento
più probabile della vita. Sempre, anche quando essa
arriva dopo una lunga malattia, la morte sorprende colui
che sta per andarsene ed i suoi cari. Essa poi genera anche
lurgenza di fronte ad una doppia necessità
ineludibile: lirruzione degli affetti che ti prendono
alla sprovvista e il muro di una legislazione, qualche volta
fastidiosa, che paralizza. E nessuno può sfuggire
a questo dedalo amministrativo.
Da
ciò limportanza di avere qualcuno al quale
rivolgersi per avere informazioni in merito, anche perché
le novità si succedono anche nel settore funerario.
La cremazione diventa sempre più diffusa, i cimiteri
si trasformano, tra poco potremo avere anche le case funerarie.
In breve, la morte conosce un innegabile mutamento allinizio
del terzo millennio.
Perché
il passaggio dalla vita al di là della morte - sempre
traumatizzante sul piano affettivo e qualche volta difficile
e complicato per certi aspetti della vita istituzionale
e burocratica - possa effettuarsi lucidamente e con minor
fatica, bisogna innanzitutto pensarci e soprattutto avere
a propria disposizione qualcuno che ci possa informare e
rassicurare in modo semplice, pratico, completo e umano.
È
necessario dare a tutti coloro che leternità
preoccupa e alle famiglie le informazioni pratiche e utili
a superare meglio il penoso momento di un decesso, in modo
da poter agire con efficacia e con conoscenza, malgrado
le inevitabili ferite che ogni decesso provoca o le difficoltà
delle formalità da espletare.
Tutto
cambia e si evolve, e anche la concezione delloperatore
funerario è mutata. Non ci si occupa più e
solo del trasporto e della sepoltura dei morti, ma in ugual
misura delle preoccupazioni dei viventi più vicini
al defunto. Da tempo le famiglie si rivolgono alle imprese
funebri per lorganizzazione delle diverse cerimonie
liberandosi così da tutte quelle operazioni
formali e burocratiche.
Ma
sarebbe bene che anche la mentalità del pubblico
si adeguasse a queste evoluzioni utilizzando prima il bagaglio
di esperienze e di conoscenze professionali delloperatore
funerario, per avere le idee chiare non tanto
sulla morte per la quale, purtroppo, nulla possiamo
fare ma sul come
organizzarsi. Se dobbiamo
credere ad una inchiesta fatta in un Paese europeo allinizio
degli anni 90, è risultato che il 70% degli
intervistati in età superiore ai 25 anni si preoccupa
del proprio funerale.
Dunque,
perché aspettare?
La
tragedia della morte è che essa trasforma la vita
in destino.