Nei
primi mesi del 2006 sono state esposte a Roma le fotografi
e realizzate da Tazio Secchiaroli nel lontano 1966, durante
le prove del fi lm di Federico Fellini dal titolo Il
viaggio di G. Mastorna detto Fernet. Lesposizione,
patrocinata dallAssessorato alle Politiche Culturali
del Comune di Roma e promossa dal Municipio X, dallAssociazione
Commercianti del Centro Commerciale Cinecittàdue
e da Cinecittà Studios, ha presentato una selezione
di immagini scelte anni fa dallo stesso Secchiaroli - scomparso
nel 1998 - e una serie di scatti mai stampati che raccontano
le giornate nelle quali, nella sede dellIstituto Luce
a Cinecittà, Federico Fellini realizzò le
prove per un fi lm a cui lavorò per diversi anni.
A
meno che non siate esperti di cinema o appassionati del
grande regista, diffi cilmente avrete sentito parlare di
questo fi lm. Per un motivo molto semplice: perché
non fu mai girato. Fellini iniziò a lavorare a questo
fi lm con grandi aspettative e con sincero trasporto in
quanto, di fatto, si sarebbe trattato di una sorta di opera
autobiografi ca che vedeva il protagonista, G. Mastorna
appunto, intraprendere un interessante e quanto mai singolare
viaggio nellaldilà.
Per comprendere il contesto emozionale nel quale Fellini
si trovava in quegli anni, è necessario premettere
che allepoca il Maestro frequentava lo psicoanalista
junghiano Berhard Ernst che lo aveva introdotto allo studio
della psicologia del profondo. Fellini si avvicinò,
così, allanalisi del fattore morte e del destino
delluomo dopo di essa; e questo, probabilmente, gli
servì da spunto per lidea del fi lm. Quando
allepoca si seppe a quale tipo di pellicola stesse
lavorando, furono in parecchi a chiedere al Maestro quale
rapporto avesse con la morte. A tutti egli rispondeva che
linsaziabile curiosità che notte dopo
notte ci fa svegliare ogni mattina accompagnandoci per tutta
la vita, non dovrebbe abbandonarci al momento della più
inconoscibile delle esperienze umane. il fatto di credere
nellaldilà, nella vita dopo la morte, è,
oltretutto, uno stimolante nutrimento di fantasia.
Non furono mai chiari, però, almeno a chi non
avesse letto la sceneggiatura completa del fi lm, il senso
e le intenzioni della pellicola. Con un ermetismo in sapore
di profezia (soprattutto sul potenziale esito infruttuoso
del lavoro svolto) il Maestro, volendo spiegare in poche
parole il fi lm, andava dicendo che se per cortesia,
per stanchezza, per amicizia, o per vanità mi mettessi
a chiacchierare sul Mastorna e dicessi che ancora una volta
è un viaggio, immaginato, sognato, un viaggio nella
memoria, nel rimosso, in un labirinto che ha uninfi
nità di uscite, ma solo un ingresso e, quindi, il
vero problema non è uscire, ma entrare, e spudoratamente
continuassi a snocciolare defi nizioni e proverbi, non credo
riuscirei a suggerire il senso del fi lm, che io per primo
non so cosè. È il sospetto di un fi
lm, lombra di un fi lm, forse anche un fi lm che non
so fare.
E
in effetti il fi lm non si fece. Ma con le sane premesse
con le quali Fellini aveva avviato le riprese del film,
sorge spontaneo domandarsi il motivo o i motivi per i quali
la pellicola, di fatto, andò a monte. Fu lo stesso
Fellini, in una intervista rilasciata al giornalista Costanzo
Costantini, a spiegare i perché dellabbandono.
Avrei proprio desiderato farlo, ma non sono in
grado di dire perché non ci sono riuscito. era il
progetto più oscuro e misterioso che avessi mai tentato
di realizzare. Per il ruolo del protagonista io e De Laurentiis
avevamo pensato a tanti attori, tra i quali anche Ugo Tognazzi,
fi nché non riuscii a spuntarla con Marcello Mastroianni.
Ma ogni volta che mi accinsi a dare inizio alle riprese,
accadde qualcosa per cui dovetti fermarmi. Conclusione:
Dino De Laurentiis mi fece sequestrare i quadri ed i mobili
della nostra casa di fregene, Ugo Tognazzi mi fece causa,
io caddi gravemente malato e fui ricoverato alla clinica
Salvator Mundi. incominciai così a pensare che quel
fi lm soggiacesse a una sorta di oscuro destino avverso,
e lo accantonai, lo rimossi. Ma di tanto in tanto riaffi
orava in me come da una sorta di limbo, alla stregua di
un fantasma, di un sogno ossessivo, di unombra minacciosa
e sfuggente. Con quel fi lm avrei voluto tentare di liberare
luomo dallidea della morte, ma poco ci mancò
che non liberasse me dallidea della vita, anzi dalla
vita stessa. fui infatti sul punto di morire.