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STUDI E RICERCHE




La corrosione precoce delle casse di zinco

Accade talvolta che Feniof venga contattata dai propri associati per avere chiarimenti in merito al problema derivante dalle fuoriuscite di liquami cadaverici e di miasmi dai loculi ove sono tumulati cofani con relativo cassone di zinco. Da una ricerca effettuata a livello italiano è risultato che tale fenomeno non è così marginale come si potrebbe pensare. Esiste una sottovalutazione del problema, forse per non creare l’allarmismo che inevitabilmente scaturirebbe da una maggiore divulgazione, ma rimane il fatto che, quando l’evento si verifica, i problemi derivanti siano molteplici, in ordine sanitario, etico-morale e, non ultimo, anche di natura economica.

Le soluzioni più frequentemente utilizzate sono interventi di muratura attuati con doppie tamponature degli avelli, un ampio uso di deodoranti industriali, l’inserimento della bara in una ulteriore controcassa di zinco, l’utilizzo di prodotti in grado di assorbire i liquami ed i miasmi cadaverici.

È comunque indubbio che, al verificarsi di tale eventualità, il primo soggetto che viene contattato è l’impresa che ha svolto il funerale, alla quale i dolenti si rivolgono chiedendo spiegazioni in merito a queste perdite. È comprensibile che chi si è affidato all’impresario funebre di fiducia per far svolgere il servizio, si rivolga ad esso quando si verifica qualche problema. A sua volta, l’impresario, sulla scorta della consapevolezza di avere svolto correttamente il proprio lavoro, non può non interrogarsi sulle motivazioni di tali fuoriuscite e cerca i responsabili. I secondi ad essere contattati sono dunque i produttori dei cassoni di zinco, ai quali spesso vengono additate responsabilità circa la mancata tenuta dei propri prodotti. Ma anche in questo caso il produttore, consapevole della qualità dei propri prodotti, non ritiene di avere responsabilità. Certo, qualora il produttore di cassoni di zinco abbia utilizzato dei materiali non conformi alla normativa Uni 2013/74 e/o al Dpr 285/90 (cosa peraltro da dimostrare), la colpa di quest’ultimo è palese e non necessita di ulteriori spiegazioni. Così come può sempre accadere che alcune viti delle casse risultino di lunghezza eccessiva e vadano a forare la cassa di zinco interna. Anche in questo caso, individuare la responsabilità della perdita non è certo difficile.

La corrosione dello zinco può però avvenire per motivi per i quali ricercare una responsabilità del produttore o dell’impresario funebre pare del tutto fuori caso.

Principalmente le motivazioni di una corrosione dello zinco possono essere dovute a:

- corrosione batterica attuata da batteri solfatoriducenti (Microspira o Sporovilvio Desulfuricans - Microspira Rubentschikii);

- influenza della composizione chimica del liquido organico derivante dalla decomposizione dei cadaveri; - corrosione elettrochimica dovuta all’ errata messa a terra dell’impianto elettrico con contatto galvanico tra zinco e armature passive del calcestruzzo armato o della struttura prefabbricata del colombario;

- corrosione elettrolitica a causa della formazione di micropile sviluppatesi in un ambiente idoneo (PH, correnti vaganti che originano pile geologiche o celle galvaniche, vicinanza di cabine di trasformazione elettrica, cavi di conduzione elettrici, rotaie di treni, ...).

Per comprendere meglio le cause del problema è stato condotto uno studio a livello italiano ad opera dei Professori Risolo e Bassi, studio che è stato cortesemente reso disponibile dalla Stragliotto spa. Il lavoro si è articolato su analisi a carattere strumentale, di laboratorio e fotografico, partendo dalle strutture murarie, dai materiali delle bare (zinco e legno) e dai relativi processi di lavorazione, da analisi chimiche dei liquidi cadaverici e dei campioni prelevati sulle salme.

Le risultanze non hanno dimostrato responsabilità da parte di agenti batterici circa una possibile corrosione del cassone di zinco. Anche l’analisi svolta su campioni provenienti da diversi produttori e mirata ad individuare difetti di fabbricazione o utilizzo di materie prime non appropriate, non ha fornito elementi tali da giustificare il verificarsi di perdite di miasmi e di liquidi cadaverici. È stato dimostrato infatti che in nessuno dei processi produttivi (sbobinamento, troncatura, piegatura, saldatura) il materiale utilizzato subisce alterazioni tali da comprometterne l’integrità. Sono state analizzate diverse casse che lamentavano problemi di tenuta. A parte un caso nel quale si è potuta rilevare una scorretta saldatura dalla quale sono fuoriusciti gas e liquidi, negli altri casi si è invece riscontrata una forte responsabilità dovuta alla corrosione di tipo elettrolitico attribuibile alla costante presenza di elevata umidità in ambiente aggressivo, con conseguente formazione di micropile di concertazione.

Tale circostanza è tanto più diffusa quando il cassone di zinco, invece o oltre che essere interno, viene ad avvolgere la cassa e poi riposto nel loculo.

Il maggiore contatto dello zinco con il materiale costruttivo del colombario genera più frequentemente il verificarsi del fenomeno elettrolitico descritto.

È però doveroso specificare che, in tutti i casi analizzati, le corrosioni hanno avuto inizio dall’esterno della cassa di zinco e non dall’interno. Pertanto, il principio della corrosione non è riconducibile al contatto dello zinco con i liquidi cadaverici. È altresì vero che il fenomeno, una volta avviato ed esteso al punto da perforare il cassone di zinco, viene esponenzialmente accentuato dalla presenza dei liquidi organici e dall’abbassamento del PH all’interno dei loculi, cosa che avviene in estate con l’innalzamento della temperatura ambientale.

Sulla base delle verifiche svolte sono quindi da escludere relazioni tra corrosione, causa di morte e trattamenti cui sono sottoposti i cadaveri destinati alla tumulazione.