IL TEMA

 


Quanta strada ancora da fare…

di Alessandro Bosi



Domenica 13 febbraio 2005 la FENIOF ed il GILIOF hanno tenuto il proprio convegno sulla nuova normativa della Regione Lombardia, riguardo al quale avete trovato specifico articolo all’interno del numero di febbraio de l’Informatore. Chi , tra le imprese della Lombardia, non si era ancora reso conto della profonda rivoluzione dettata dalla legge regionale 22/03 e, soprattutto, dal regolamento n.6/04 attuativo della legge stessa, nel corso del convegno in oggetto ha avuto modo di prenderne coscienza e cominciare a valutare per tempo il da farsi. E’ evidente che l’articolo più discusso è stato il 32 del Regolamento, quello che, in sintesi, definisce i requisiti necessari per ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività funebre, più precisamente quanto dettato dal comma e) ha, come era prevedibile, destato molteplici domande, alle quali sono state fornite tutte le risposte del caso.

Ciò, ovviamente, non ha esaurito tutte le perplessità.

Non tanto sul futuro: tutte le imprese hanno correttamente recepito che, in assenza dei requisiti (tra i quali il personale), avranno tempo 2 anni per mettersi in regola con quanto previsto dal regolamento. Il problema più immediato è cosa fare ora e come operare nei prossimi 24 mesi.

Già all’indomani del convegno, hanno cominciato a giungere in Segreteria FENIOF, moltissime telefonate di imprese che volevano precisazioni sulla nuova normativa lombarda (quasi tutte giunte da imprese che non avevano partecipato al convegno…).

Come segretario sono stato onestamente molto stupito da una ridondante domanda che mai avrei immaginato di ricevere con tale frequenza: “D’accordo che tra due anni i trasporti funebri li faremo con quattro dipendenti, ma nel frattempo possiamo continuare a farli come abbiamo sempre fatto?” Al che, è evidente che da parte mia giungesse come risposta un’altra domanda:”Perché, fino ad ora come li avete fatti?”. E qui ho cominciato a prendere nota di una vastità di casistiche infinita.

Ovviamente non dirò i nomi delle imprese (socie e non) che mi hanno contattato, assumendo l’improbabile ruolo di “confessore laico” del comparto e il relativo segreto confessionale, ma ritengo che riportare in sintesi le risposte, aiuti ad avere una idea della vastità di comportamenti tutt’ora in atto che sono purtroppo ancora lontani da quanto prevede l’attuale normativa.

C’è l’impresario che ha due uomini e il carro funebre di proprietà che per il trasporto chiede due necrofori in prestito all’impresa concorrente. C’è l’impresario che per il personale mancante recluta, in occasione del servizio, dei pensionati. C’è chi addirittura non ha personale e non recluta i pensionati (magari in nero) perché conta sul fatto che, per prassi, la cassa la porteranno a braccia i parenti…. Poi ci sono gli impresari “semi-strutturati” sul fronte del personale che, invece che assumere necrofori, stipulano contratti di collaborazione a progetto (ex co.co.co, per intenderci).

E quando, per dovere di informazione e tutela delle imprese, mi permetto di comunicare qual è il comportamento corretto, non vi dico lo stupore degli interlocutori…C’è anche chi mi ha chiesto se ero certo di quello che dicevo…”Ma si rende conto Sig.Bosi, che se proibiamo ai parenti di portare la cassa a spalla, questi la volta dopo vanno dall’impresa concorrente per il servizio funebre? Ma dove sta scritto che i parenti non la possono portare? Ciò che mi dice è assurdo…”

E alla mia risposta spesso subentra lo scetticismo e, non raramente, una mal celata rabbia rispetto a quanto da me esternato, tanto che spesso mi tocca precisare che, nel mio ruolo, sono tenuto a fornire una corretta informazione e non di certo una opinione personale.

Certo, comunque sia, il problema è reale.

Soprattutto in certe realtà italiane dove determinati comportamenti sono scontati da sempre, applicare alcuni obblighi (come il divieto di riapertura cassa dopo il trasporto per mostrare il defunto ai parenti) risulta certamente difficoltoso per le imprese che non l’hanno mai fatto.

Ma Vi immaginate, quale esempio su tutti, una cassa che portata a braccia da un familiare del defunto, scivoli a terra e si danneggi irreparabilmente o, peggio!, che cadendo rechi dei danni fisici ai presenti: avete una idea degli infiniti problemi al quale andrebbe incontro l’impresa assuntrice del servizio?

Eh sì, perché (L.626/94 a parte) ai sensi dell’Art.23 del DPR 285/90 è quest’ultima l’incaricata al trasporto e l’autorizzata dal Comune a svolgere tale servizio, non i parenti del defunto!

Mi rendo conto che, parlare al telefono di concetti articolati quali “incaricato del trasporto”, di divieto di intermediazione di mano d’opera, di necessità di stipulare contratti di lavoro subordinato a tutela dell’impresa e del servizio, risulta difficilmente digeribile da parte delle imprese che non hanno mai affrontato la materia.

E’ però altresì doveroso che certi concetti vengano presto recepiti e che determinati comportamenti non conformi a quanto previsto dalla legge cessino, se non altro perché i controlli sulle imprese e sullo svolgimento dei servizi diventeranno sempre più frequenti.

Urge certamente una maggiore informazione su quanto previsto dalla normativa vigente (tra l’altro il 285/90 è quindici anni che è applicato) e sui rischi ai quali si va incontro non operando secondo la legge.

Se vogliamo che il nostro comparto si qualifichi e ottenga l’atteso riconoscimento, è altresì necessario che le cose cambino e che tutte le imprese, grandi e piccole, uniformino i comportamenti operativi ed etici e vigilino l’un l’altra a tutela della categoria.

La strada è certamente ancora lunga ma un vecchio adagio dice “piccoli passi…lunghe distanze”…